Le difficoltà per la tutela del diritto al beneficio della maggiorazione della contribuzione figurativa (utile per anticipare la pensione di vecchiaia) ai sensi della Legge 388/2000, art. 80, comma 3, con un'invalidità civile di almeno il 75% in "concomitanza" di svolgimento di prestazione di lavoro subordinato privato o pubblico
(o ascrivibilità nelle prime 4 categorie della tabella A per le pensioni di guerra) o per i lavoratori sordomuti ex L. 381/70.
(agg.to: 11 aprile 2021)
Premesso che i destinatari di questo beneficio sono i "lavoratori" dipendenti (e quindi tale beneficio è invocabile solo per chi lavora! E si matura in "concomitanza" di prestazione lavorativa effettivamente resa!), la legge n. 388 del 2000, art. 80, comma 3, prevede che "a decorrere dall'anno 2002, ai lavoratori sordomuti di cui alla L. 26 maggio 1970, n. 381, art. 1, nonchè agli invalidi per qualsiasi causa, ai quali è stata riconosciuta un'invalidità superiore al 74 per cento o ascritta alle prime quattro categorie della tabella A allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata a1 D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 e successive modificazioni, è riconosciuto, a loro richiesta, per ogni anno di servizio presso pubbliche amministrazioni o aziende private ovvero cooperative effettivamente svolto, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva. Il beneficio è riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa". Come osservato in Cass. n. 9960 del 2005, nell'ambito di applicazione della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 80, comma 3, rientrano:
- a) i lavoratori sordomuti, ovvero "i minorati sensoriali dell'udito affetto da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva che gli abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purchè la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio (L. n. 381 del 1970, art. 1);
- b) gli invalidi civili (con invalidità superiore al 74%) affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa con invalidità superiore al 74% (L. 30 marzo 1971, n. 118, n. 118 e D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 9);
- c) gli invalidi di guerra, civili di guerra e gli invalidi per cause di servizio nel rapporto di pubblico impiego con le Amministrazioni statali o gli enti locali con invalidità ascritta alle prime quattro categorie della tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1978, n. 834 e successive modificazioni.
Per effetto del beneficio l'anzianità contributiva del lavoratore viene maggiorata di due mesi per ogni anno di attività prestata come invalido con grado di invalidità superiore al 74%.
Per periodi di lavoro inferiori all'anno, la maggiorazione va operata in misura proporzionale aumentando di un sesto il numero delle settimane di lavoro svolto.
Il beneficio è riconosciuto sino al limite massimo di cinque anni, e, comunque, entro l'anzianità contributiva massima valutabile nel Fondo a carico del quale viene liquidata la pensione.
La maggiorazione di anzianità spetta per i periodi di attività effettiva, vanno esclusi i periodi coperti da contribuzione volontaria, figurativa o derivante da riscatto, in quanto non correlati ad attività lavorativa; a tal fine dovranno essere presi in considerazione i periodi di attività lavorativa alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, aziende private o cooperative, svolti in concomitanza con il possesso del requisito sanitario richiesto, anche per periodo anteriore al 1 gennaio 2002 (v. in tal senso, sent. cit., n. 9960 del 2005).
Recentemente è stato chiarito dalla Suprema Corte di Cassazione, nella sua funzione di uniforme interpretazione nell'applicazione del diritto, come tale beneficio di contribuzione figurativa ai sensi dell'art. 80, co.3 della L. 388/2000 non possa tornare utile per il ricalcolo e/o aggiornamento dell'importo dell'assegno di invalidità ordinaria per i lavoratori iscritti all'A.G.O. ai sensi della L. 222/84 (cosiddetto assegno "I/O").
La difficoltà della tutelabilità del diritto in sede giudiziaria quando non si dispone già di un riconoscimento del grado di invalidità civile di almeno il 75%.
Dal 2015 in si è formata una Giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (Sent. n. 2011/2015 e seguenti) che ha precluso la tutelabilità in tribunale del "solo" presupposto di accertamento dello stato invalidante.
E' un po' come il cane che si morde la coda...come mi disse una illustre Collega.
In estrema sintesi, rinviando alla lettura della sentenza della Cassazione del 2015 riportata in calce a questa riflessione, un giudizio deve riguardare "tutta" la vicenda e non soltanto una parte...In conclusione, accogliendo nel merito il ricorso presentato dall'Istituto, la Corte afferma che «non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, che può costituire oggetto di accertamento solo nella sua interezza».
Come si fa allora a presentare all'Inps una domanda di accredito dei contributi figurativi per andare prima in pensione se non sussiste il requisito sanitario di riduzione della capacità lavorativa di almeno il 75%, oltre a quello di aver prestato lavoro in concomitanza?
Questi "precedenti" si muovono su due considerazioni principali:
1) Il giudice è "giudice dei diritti" e non "giudice dei fatti" (cf. l'art. 24 della Costituzione...Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei diritti... --e non dei fatti!-...). L'accertamento di un solo "fatto" è ammesso solo nei casi espressamente previsti dalla legge (esempio la proposizione della "querela di falso" in sede civile per fare dichiarare un documento "falso" ovvero che quello che risulta attestato come avvenuto in presenza di un pubblico uffiiciale non corrisponde al vero -esempio: se il postino si sia effettivamente recato al domicilio del destinatario di una lettera raccomandata -; l'accertamento tecnico preventivo obbligatorio e quello facoltativo ricorrendone i presupposti di apprezzabile interesse; ecc.). Nello specifico l'accertamento del grado di invalidità civile di almeno il 75% è un fatto e non un diritto!
2) è necessario che venga presentata una "domanda amministrativa", dal momento che la legge (art. 80, comma 3, L. 388/2000) prevede espressamente "a richiesta dell'interessato". Questa "domanda amministrativa" non coinciderebbe però con la "domanda di accertamento di una generica invalidità civile", ma con quella di specifica ed espressa "richiesta del beneficio " di accredito contributivo figurativo per la concomitanza di una effettiva attività lavorativa prestata (pubblica, privata o in cooperativa). Sì, ma se non si è ottenuto un concreto e presupposto riconoscimento di un grado di invalidità pari almeno al 75% come si fa a presentare questa "domanda amministrativa" di accredito al momento di andare in pensione? Giammai, infatti, un accertamento sanitario in via amministrativa potrà mai avere un'efficacia e/o comunque retroagire antecedentemente alla presentazione di una domanda amministrativa! ...ecco il famoso cane che si morde la coda!
Dall'analisi della lettera della norma (comma 3, art. 80, L. 388/2000) si può evincere che, in realtà, sono 2 le possibili domande amministrative:
1) una "diretta" per andare direttamente in pensione anticipatamente, quando evidentemente già si possiede il riconoscimento in via amministrativa del "pre"-requisito di invalidità del 75%;
2) una "indiretta" e frazionaria con cui si chiede il solo beneficio della contribuzione maggiorata (cf. comma 3, art. 80: "diritto ...all' anzianità contributiva) .
Sotto altro profilo sussisterebbe un'evidente iniquità e disparità di trattamento previdenziale tra due ipotetici gemelli dipendenti di una medesima azienda con inquadramento ed anzianità lavorativa identici ed affetti da una medesima patologia genetica valutata però differentemente dalla Commissione di invalidità civile all'inizio del rapporto di lavoro, per il primo al 75% e per il secondo al 72%! Il primo potrà andare prima in pensione del secondo. Seguendo il ragionamento della Suprema Corte del 2015, il secondo non potrà mai "reagire" invocando tutela. Infatti, applicando alla lettera i principi di diritto (citata Cass. 2011/15), la domanda amministrativa potrà essere presentata solo al momento della domanda di pensione alla fine della carriera lavorativa e quindi solo il primo è in possesso del "pre-requisito" dell'invalidità civile nella misura del 75%...
Come superare questa problematica? E soprattutto come bisogna muoversi tra i rigidi paletti fissati dalla Suprema Corte di Cassazione?
Ecco come ci siamo riusciti, ricorrendo all'analiticità chiedendo l'accertamento in sede giudiziaria di entrambi gli elementi costitutivi del diritto del beneficio all'accredito delle maggiorazioni contributive figurative:
- il requisito dell'effettiva prestazione di lavoro e della contribuzione figurativa: in particolare in relazione all'intervallo temporale dopo la presentazione della domanda amministrativa di accertamento della concomitante invalidità civile e prima della pronuncia del giudice;
- il requisito della effettiva sussistenza del grado di invalidità civile corrispondente alla ridotta capacità lavorativa di almeno il 75%;
ovviamente con la la sussistenza della "concomitanza" di entrambi i suddetti requisiti.
DAL MOMENTO CHE LA STESSA NORMA PARLA DI RICONOSCIMENTO ANCHE PER PERIODI INFERIORI ALL'ANNO (Per periodi di lavoro inferiori all'anno, la maggiorazione va operata in misura proporzionale aumentando di un sesto il numero delle settimane di lavoro svolto), ALLORA POSSIAMO PENSARE DI CHIEDERE AL GIUDICE DI ACCERTARE ANCHE IL DIRITTO RELATIVO AD UNA FRAZIONE TEMPORALE DETERMINATA! COME AD ESEMPIO PER IL TEMPO INTERCORSO TRA LA PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA AMMINISTRATIVA E LA PRONUNCIA DEL GIUDICE, quest'ultima coincidente con il momento in cui emana la "decisione", ovvero la "sentenza"!
Segue il precedente di merito del Tribunale di Napoli,
Estensore Diego Vargas, Sentenza N. 1269/2018
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Si ritiene utile riportare i passaggi della Giurisprudenza di legittimità del 2015/2016 per illustrare la complessità della questione di ammissibilità della tutela giurisdizionale. Ricordiamo che, ai sensi dell'art. 113 della Costituzione, avverso tutti i provvedimenti amminsitrativi è sempre ammesso il ricorso all'autorità giudiziaria...
Alla stregua della richiamata disciplina deve ritenersi necessario che l'interessato richieda, ossia presenti domanda amministrativa all'INPS ("...è riconosciuto, a loro richiesta..."), "il beneficio", mentre l'accertamento dell'esistenza di un grado di invalidità superiore al 74% costituisce soltanto uno dei presupposti (di fatto) del diritto alla maggiorazione. Il beneficio è infatti strettamente collegato al diritto ed alla misura di un trattamento pensionistico di anzianità o di vecchiaia, per cui può essere richiesto e riconosciuto solo a questi fini, e solo in sede di domanda di pensione, mentre il mero riconoscimento della invalidità superiore al 74%, da solo considerato non comporta il riconoscimento di alcun diritto.
1,a giurisprudenza di legittimità assolutamente prevalente, muovendo dal condivisibile presupposto che la tutela giurisdizionale è tutela di diritti, ritiene che il processo, salvo casi eccezionali predeterminati per lepre, può essere utilizzato solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sè, per gli effetti possibili e futuri. Pertanto non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti ma che costituiscano elementi frazionistici della fattispecie costitutiva di un diritto, la quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella funzione genetica del diritto azionato e quindi nella sua interezza (Cass. S.U. n. 27187/2006; v.
pure Cass. 27151/2009; in senso conforme, tra le tante, Cass. 9117/2003; Cass. n. 3905/2003; Cass. n. 10039/2002). Come affermato, in Cass. n. 2051/2011, l'interesse ad agite richiede non solo l'accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice, poichè il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo conseguire. Ne consegue che non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionali della fattispecie costitutiva di un diritto, che può costituire inietto di accertamento giudiziario solo nella sua interezza.
Sulla base di tale condivisibile giurisprudenza questa Corte ha quindi ripetutamente escluso, in fattispecie identiche a quella in esame, l'ammissibilità di un'azione di mero accertamento (v. Cass. ord. n. 2011/2015, ord. n. 13491/ 2013, ord. n. 12036/ 2013). Segue Sentenza Cassazione 2011/15 che fissa i rigidi "paletti" attraverso i quali dovrà passare l'avvocato previdenzialista per la tutela del diritto del proprio assistito...